I disturbi alimentari (DCA) non sono capricci né scelte consapevoli. Sono un grido di aiuto, una battaglia silenziosa che si consuma nel corpo e nella psiche di chi ne soffre. Sono il riflesso di un dolore profondo, un disagio interiore che prende forma nel corpo,
trasformandolo in un campo di battaglia.
Articolo tratto dal N° 147 – L’Altra Medicina
INTRODUZIONE
L’anoressia, la bulimia, il binge eating disorder (BED) e altre forme di disordini alimentari non riguardano solo il cibo o il peso corporeo, ma nascondono una sofferenza più intima, un vuoto interiore difficile da colmare. Essi sono espressioni di un disagio soggettivo penetrale,
spesso radicato nel rapporto con l’Altro (genitori, partner), spesso legato alla società contemporanea, ai suoi valori e alle sue contraddizioni. Dietro ogni comportamento alimentare alterato
si nasconde un equilibrio neuroendocrino e psicoemotivo compromesso. Cervello (lo stress, le emozioni e il rapporto con il cibo influenzano il comportamento alimentare), ormoni (squilibri in insulina, leptina, cortisolo e serotonina influenzano i DCA), sistema nervoso (il sistema simpatico e parasimpatico regolano fame, sazietà
e desiderio di cibo), immunitario e metabolico (restrizioni caloriche e diete sbagliate danneggiano il metabolismo e peggiorano i disturbi
alimentari) interagiscono in un sistema complesso, influenzato da ambiente, stress, stile di vita e relazioni.
Anoressia, bulimia, BED e altri disordini alimentari parlano di identità spezzate, di relazioni interrotte, di un conflitto tra chi siamo e
chi crediamo di dover essere. Il cibo diventa simbolo, sintomo, linguaggio: una risposta a un vuoto, a un trauma, a una mancanza.
L’anoressia nervosa non è semplicemente un desiderio esasperato di magrezza, ma una condizione psicologica devastante. La persona anoressica non smette solo di mangiare, ma nega ogni forma di dipendenza dagli altri, cerca di annullare il proprio corpo, riducendolo all’osso, per sottrarsi al desiderio e al controllo altrui,
cercando un’autonomia assoluta e un controllo estremo su di sé, in risposta a un mondo che impone modelli rigidi di successo, autonomia e perfezione. “Voglio niente… mangio niente…
desiderio niente…devo non sentire niente”: l’anoressia si configura come un culto, una passione per il niente. La perdita di peso estrema diventa il simbolo di un controllo maniacale sulla propria esistenza,
il cibo diventa il luogo simbolico del potere e del controllo: mangiare significherebbe cedere alla dipendenza dagli altri, ed emerge una negazione della fame come rifiuto della propria vulnerabilità. Chi soffre di anoressia non vede mai il proprio corpo per quello che è realmente: il corpo viene trasformato in un oggetto da dominare,
negando ogni impulso naturale (fame, piacere, desiderio). Lo specchio diventa un nemico, riflettendo un’immagine distorta, filtrata
da insicurezze, paura e insoddisfazione cronica. Ridurre il corpo all’osso diventa un atto radicale, una forma estrema di ascesi moderna, simile a quella dei santi medievali che si privavano
del cibo per avvicinarsi alla purezza assoluta: sfidare le leggi naturali, raggiungere una forma di perfezione fredda e distante. È una ribellione contro un mondo percepito come invadente, che impone modelli irrealistici di successo, autonomia e bellezza.
A livello fisiologico, si attiva l’asse dello stress, si riducono serotonina e dopamina, cala la leptina, si blocca il ciclo mestruale. La psiche dell’anoressico è intrappolata in una gabbia di numeri e rituali: calorie contate ossessivamente, bilance consultate con angoscia, porzioni misurate con precisione maniacale. Ogni boccone è una battaglia, ogni grammo perso un’illusione di vittoria. Ma dietro ogni chilo sottratto c’è un prezzo: ossa fragili, cuore affaticato, mente annebbiata, relazioni spezzate. E, nel peggiore dei casi, la morte.

BULIMIA: IL VUOTO CHE DIVORA, LA FAME CHE NON SI SPEGNE
La bulimia si basa anch’essa sul rifiuto del vuoto e parallelamente vi è un desiderio compulsivo di riempirlo. È il paradosso dell’eccesso: non si rifiuta il cibo, lo si divora. Non per fame, ma per riempire un’assenza affettiva o simbolica, per colmare un vuoto che resta sempre insaziato ed è così che il cibo diventa un oggetto sostitutivo. Se l’anoressica dice “no” in una sfida estrema al controllo, la bulimica sussurra “ancora”, intrappolata in un ciclo compulsivo che inizia con l’abbuffata e si conclude nel senso di colpa. Il cibo diventa una droga, un anestetico momentaneo che regala piacere istantaneo, ma che subito dopo esige il suo prezzo: vomito autoindotto, purghe, digiuni, esercizio fisico eccessivo. Mangiare per sentirsi pieni, espellere per
sentirsi vuoti: cibo e vomito diventano parte di un ciclo infinito, che rispecchia un conflitto interiore irrisolto, una danza infinita tra desiderio che non si placa mai e punizione. Nel cervello, la dopamina si attiva durante l’abbuffata, la serotonina crolla dopo. Cortisolo,
insulina e leptina si alterano, creando una cascata di squilibri. Ma la bulimia non è solo biochimica: è una fame d’amore, di senso, di
conferma. Un bisogno profondo di essere visti, accolti, ascoltati.
TRAUMI, RELAZIONI E SOCIETÀ: LE RADICI INVISIBILI
I disturbi alimentari sono radicati in profondi disagi psicologici. La depressione, l’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e i traumi infantili sono spesso alla base di queste patologie. A influire sono anche le dinamiche familiari: una madre iperprotettiva o invadente può generare rifiuto dell’attaccamento (anoressia), una figura assente o incoerente può generare fame d’amore (bulimia,
obesità). Tutto si gioca sul bisogno di controllo: chi restringe cerca ordine, chi si abbuffa cerca consolazione, chi alterna cerca equilibrio.
La società narcisistica in cui viviamo non aiuta. Il corpo è diventato il nostro biglietto da visita, la nostra identità pubblica: non siamo più definiti da ciò che pensiamo o facciamo, ma da come appariamo.
L’immagine conta più della sostanza: conta essere magri, belli, perfetti, anche a costo della salute. I social ci bombardano con modelli
irrealistici, con immagini di corpi scolpiti, filtri che cancellano ogni imperfezione, facendo coincidere bellezza con magrezza, successo con perfezione. Si logora ogni brandello di autostima, il corpo diventa nemico, prigione, ossessione e spinge verso un baratro da cui è difficile risalire. I disturbi alimentari non sono solo patologie individuali, ma il sintomo di una società che ha perso il senso del limite, del desiderio autentico e del rapporto naturale con il corpo.
SPEZZARE IL CICLO: LA SPERANZA DELLA GUARIGIONE
La buona notizia è che si può guarire. Non è facile, ma è possibile. Il vero problema non è il cibo, ma il rapporto che abbiamo con noi stessi, con il nostro corpo e con il mondo che ci circonda. Il primo passo pertanto è riconoscere il problema e chiedere aiuto. Medici omeosinergetici, medici di segnale, psicologi, trainers omeosinergetici possono guidare il percorso di guarigione, fornendo strumenti per affrontare le cause profonde del disturbo.
UNA QUESTIONE DI ESSENZA: L’APPROCCIO OMEOSINERGETICO
Secondo l’Omeosinergetica, i disturbi alimentari sono il segnale di una separazione profonda dalla nostra vera origine, da chi veramente
siamo, dalla nostra fonte energetica (Matrice primordiale, Spirito ed Anima) e poi materica. La mancanza di consapevolezza della nostra matrice energetica crea una scissione inconsapevole dall’“Io sono” e genera sofferenza che rimane presente come un conflitto interiore irrisolto e si manifesta con sintomi vaghi, poco chiari, sintomi
che comunque sono necessari per drenare tutto quello che è stato maturato per via dei condizionamenti sociali, familiari e relazionali a cui l’individuo è stato esposto.
IL CENTRO ENERGETICO DEL PANCREAS: IL PIENO E IL VUOTO
Sia l’anoressia che la bulimia hanno a che fare con il quinto centro energetico, legato al pancreas. La bulimia ha a che fare con la percezione di un vuoto interiore. L’individuo cerca di riempire
questo vuoto attraverso il cibo, per poi rigettarlo (comportamento tipico della struttura femminile) o assimilarlo senza controllo (comportamento tipico della struttura maschile). Questo modo di essere è una compensazione inconsapevole per colmare l’assenza di connessione con la propria Essenza. L’anoressia deriva dalla sensazione di eccesso generata dal continuo rimuginare sui propri
pensieri. L’individuo rifiuta il cibo e si nutre dei propri pensieri ossessivi, tentando così di colmare il vuoto interiore. Questo modello, in base alla mia personale esperienza, è più comune nel genotipo maschile, contrariamente a quanto si legge o si scrive.
MANCANZA DI GIOIA E ANNULLAMENTO DELL’IO SONO
In entrambi i disturbi, vi è la mancanza di gioia nella propria quotidianità e ciò di conseguenza porta all’annullamento dell’“Io sono”
e alla perdita di contatto con se stessi, con la propria Essenza. Questo conflitto è il risultato dello scontro tra quello che siamo all’interno e
come viviamo l’esterno, generando una disarmonia tra ciò che l’individuo è realmente e ciò che pensa di essere. Il lavoro terapeutico deve aiutare il paziente a riconoscere il proprio desiderio, senza doverlo
negare (anoressia) o saturare (bulimia), riconoscendo la propria dipendenza affettiva senza annullarsi, riconoscendosi nel modo compulsivo di riempire il proprio vuoto senza per poi svuotarsi. L’obiettivo non è solo recuperare il peso corporeo, ma ritrovare un senso del Sé libero dai condizionamenti.
IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA RELAZIONE
Ogni essere umano ha bisogno di relazioni: la relazione è il primo bisogno, la relazione è al centro di ogni vita. Con esse, acquisiamo un
senso di appartenenza; senza di esse, ci inaridiamo. L’individuo, per potere acquisire consapevolezza della propria storia, della propria
realtà, della propria funzione deve riappropriarsi della capacità di vedersi nell’altro, che non deve essere considerato diverso o nemico
dal quale difendersi. Nell’altro ci affascinano le qualità che più amiamo e che spesso non riusciamo a fare emergere dentro di noi, così come spesso rifiutiamo nell’altro ciò che non vogliamo vedere dominante nella nostra personalità. L’individuo attira l’esperienza attraverso una risonanza legata alle emozioni ed una attrazione legata ai comportamenti e per questo l’esperienza è sempre perfetta. Perfetta in quanto ci permette di vedere e di vivere quello che siamo ed è pertanto fondamentale per poterci conoscere in maniera profonda. Il contesto relazionale si suddivide in tre categorie principali: sociale, genitoriale, di coppia. Le dinamiche relazionali influenzano l’individuo e attivano modelli genetici familiari latenti che, se non affrontati, portano alla separazione dall’Essenza energetica.
RIFIUTO, CONFLITTO INTERIORE, CAMBIAMENTO
Il rifiuto del cibo o della realtà è solo un sintomo superficiale. Il problema fondamentale risiede nella separazione dall’Essenza energetica
e nella difficoltà di accettare se stessi come esseri completi e perfetti. L’Omeosinergetica mira a riportare equilibrio e consapevolezza, facilitando un percorso di riconciliazione con la propria Essenza. Il percorso omeosinergetico attraverso tecniche e strumenti è una vera didattica verso la conoscenza della propria vita, attraverso l’osservazione, propria e dell’altro, porta l’individuo a diventare consapevole di tutti quei processi naturali che sperimentiamo
dalla nascita alla morte. In questo contesto, l’accettazione dell’esperienza
funziona come un farmaco allopatico: allevia temporaneamente il disagio ma non risolve la sofferenza alla radice. Questo perché l’accettazione è spesso solo un tentativo superficiale di
adattamento alla realtà circostante, senza affrontare la vera causa della sofferenza, che è la separazione dall’Essenza energetica. Dopo l’accettazione momentanea, la sofferenza ritorna e si ripresenta ciclicamente. Durante gli incontri, i trainers omeosinergetici
spiegheranno dettagliatamente cosa si può fare per intraprendere il percorso verso l’acquisizione delle tecniche e degli strumenti idonei a
tutte le persone per produrre strategie personali vincenti, nuove chiavi di lettura che permettono un adattamento evolutivo costante, dinamico e naturale, privo di aspettative, con capacità di vedere e riconoscersi nella propria paura, per entrare in profondo contatto con la propria
intimità, perché è solo avvicinandosi alla propria Essenza che un individuo può ritrovare la strada.
UN NUOVO INIZIO: IL VALORE DELLA VITA
Uscire dall’anoressia e dai disturbi alimentari significa riscoprire
il piacere di vivere, comprendere che il valore di una persona non è legato a un numero sulla bilancia. Significa abbracciare la propria
umanità e capire che il corpo non è un nemico, ma la casa che ci ospita per tutta la vita. Il nostro corpo parla sempre attraverso un’Essenza
che glielo permette e il nostro percorso vita ci invita alla scoperta della bellezza nascosta in ogni nostro passo, a vibrare con il suono di
ogni respiro. È importante imparare a vivere ad arte il tempo di cui disponiamo, per comunicare, per esplorare una nuova unione con noi stessi. La Medicina di segnale e la terapia omeosinergetica propongono strumenti concreti: alimentazione non processata, normoproteica e
normocalorica, attività fisica regolare, riequilibrio ormonale e metabolico, gestione dello stress, ma anche un lavoro profondo sull’identità e sull’autenticità dell’individuo. Ogni sintomo è un messaggio, ogni crisi un’opportunità. Servono pertanto strumenti per aiutare a vivere, perché se risulta difficile rendere una società più umana, occorrono tecniche che consentano ad ogni singolo essere umano, domani, di potere essere se stesso e di potere guardare il mondo con maggiore consapevolezza e responsabilità, con fede nelle sue capacità di riconoscere il proprio diritto di esistere e della sua libertà, che prevede anche il riconoscere la libertà dell’altro. È un cammino difficile, ma ogni passo verso la guarigione è un atto di coraggio. Perché la vera bellezza non sta nella magrezza estrema, ma nella luce di chi ha trovato la forza di rinascere dopo il buio.
Buona vita.

Marcello Monsellato
Laurea in Medicina e Chirurgia;
specializzazione in Ortopedia
e Traumatologia. Psicologo e
psicoterapeuta. Studio di Medicine
Bioterapiche, Agopunturali e
Psicoterapeutiche. Da più di 35 anni si
occupa di Omotossicologia, Omeopatia,
Agopuntura e Terapie integrate.

Marcello Monsellato
Laurea in Medicina e Chirurgia;
specializzazione in Ortopedia
e Traumatologia. Psicologo e
psicoterapeuta. Studio di Medicine
Bioterapiche, Agopunturali e
Psicoterapeutiche. Da più di 35 anni si
occupa di Omotossicologia, Omeopatia,
Agopuntura e Terapie integrate.
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