La seconda mamma

Vi consigliamo un interessante articolo a firma Adriano Cattaneo del comitato NoGrazie. Di mamma, come si sa, ce n’è una sola, ed è quella che dà il latte materno. Gli autori di un articolo che indaga sul ruolo politico e sociale dei produttori di sostituti del latte materno in Francia chiamano seconda mamma l’industria delle formule per l’infanzia (1). L’appellativo è mutuato da un tipo di formula, Blédine Jacquemaire, in vendita agli albori del secolo XX e pubblicizzata comeseconda mamma. Il mercato degli alimenti per bambini valeva in Francia, nel 2020, circa 1.25 miliardi di euro, di cui la metà per le formule per l’infanzia. La Francia, con la sua potente industria lattiero casearia, è anche uno dei maggiori esportatori al mondo di ingredienti per produrre la formula e del prodotto finito. È anche uno dei paesi europei con i tassi di allattamento più bassi. Circa un quarto dei neonati non è allattato alla nascita e la percentuale dei bambini alimentati con formula arriva al 67% a 4 mesi di età. Uno dei fattori che induce molte madri a non allattare è il marketing dell’industria, pur regolato da una legge simile a quella vigente in Italia.

Gli autori dell’articolo hanno voluto indagare le attività politiche delle due maggiori industrie del settore, Danone e Nestlé, tra maggio 2019 e aprile 2021 per capirne la relazione con la situazione sopra descritta. Per raggiungere l’obiettivo, hanno analizzato centinaia di documenti sul tema disponibili al pubblico, compresi 77 siti internet, hanno intervistato in profondità 10 esperti del settore, su 42 inizialmente contattati, e hanno investigato le pratiche delle ditte nel campo scientifico e delle relazioni con i professionisti della salute e della nutrizione infantile. Tutti i dati raccolti sono stati analizzati con metodi standard di ricerca qualitativa.

Nestlé e Danone, in Francia, hanno una lunga storia, oltre 150 anni, di rapporti con il mondo accademico, scientifico e professionale. Si tratta, ovviamente, di scienza influenzata dagli interessi dell’industria, con impiegati delle ditte che spesso appaiono come autori e co-autori dei progetti e degli articoli. Fornire ai professionisti e al pubblico prove scientifiche sui benefici dei vari tipi di formula è stato e continua a essere uno degli obiettivi prioritari dell’industria. I direttivi delle ditte, o delle fondazioni e istituzioni scientifiche fondate dalle ditte, sono infarciti di nomi molto noti nell’ambito accademico e scientifico. Gli studi finanziati non riguardano solo la scienza di base e applicata, ma anche le pratiche degli operatori sanitari e dei consumatori, e le strategie per modificarle. Tutta questa attività scientifica si riflette nello sviluppo di raccomandazioni e linee guida firmate dalle maggiori associazioni professionali, diffuse in forma cartacea e digitale, ma soprattutto con congressi e corsi sponsorizzati.

Le ditte coltivano con attenzione le loro relazioni con le associazioni professionali, pediatri e ostetriche in primis. Con l’appoggio di queste associazioni si presentano come “esperti” di alimentazione infantile e impartiscono consigli in mille modi: organizzando gruppi, promuovendo forum di discussione, diffondendo false asserzioni di salute e nutrizione, creando pagine internet apparentemente indipendenti da interessi commerciali, ma in realtà strettamente legate a e finanziate dalle ditte stesse. La creazione di gruppi per assistere genitori di neonati prematuri o per aiutare quelli di bambini obesi sono tipici esempi di attività che da un lato servono a diffondere informazioni selezionate, dall’altro a lavare la faccia dell’industria (whitewashing). Con la pandemia, questo tipo di operazioni si è moltiplicato, con la scusa di assistere popolazioni o gruppi sociali particolarmente colpiti. Non può ovviamente mancare la lobby nei confronti delle autorità locali e nazionali, soprattutto nei momenti in cui si tratta di sviluppare politiche e regolamenti; nel marzo 2021 Danone afferma di “star lavorando mano nella mano con il governo per aiutarlo a cambiare le politiche sulla genitorialità”.

Secondo gli autori dello studio, quanto descritto e analizzato nell’articolo può essere usato dai lettori per “riconoscere, anticipare e contrastare le attività dell’industria, e per minimizzare l’influenza negativa che potrebbero avere sulla salute di madri e bambini”. Speriamo che sia possibile raccogliere questo stimolo anche in Italia, visto che il modo di operare dell’industria dei sostituti del latte materno è simile se non uguale, come può testimoniare qualunque operatore sanitario che lavori nel settore.

BIBLIOGRAFIA

Cossez E, Baker P, Mialon M. The second mother: how the baby food industry captures science, health professions and civil society in France. Matern Child Nutr 2021;e13301