Il vino secondo l’Ayurveda

«Il vino non è altro che cibo. Se usato in modo sbagliato conduce alla malattia, se usato nel modo giusto è come ambrosia». (Caraka Samhita)
Sui testi fondanti dell’Ayurveda, e in particolare il Caraka Samhita, il vino (madya) è presentato come la bevanda che produce ebbrezza (mada), e si considera un sostituto del Soma, la bevanda degli immortali.
Non esiste un divieto al consumo, anzi, seguendo alcune regole il vino «nutre e rafforza, stimola l’appetito, rimuove la tristezza, la paura e la fatica, fa dormire gli insonni e risveglia i dormiglioni…». Se impiegato in modo corretto «è un elisir». In modo sbagliato «uccide».
Come noi diciamo “in vino veritas” anche per Caraka il vino rivela la natura profonda di chi lo beve: «Come il fuoco rende manifesta la natura superiore, inferiore ed intermedia (dell’oro), così il vino mostra la natura delle menti».
Prima di vedere le regole, entriamo brevemente sugli effetti sottili del vino secondo l’Ayurveda.
Il vino penetra nel cuore che è sede di ojas, il principio di vitalità. Il vino scompiglia le proprietà di ojas perché sono esattamente opposte. Per esempio, mentre il vino è leggero, caldo e secco, ojas è pesante, freddo e oleoso. Questo ha un effetto immediato sulla mente perché la coscienza dipende da ojas. Perciò «agitando velocemente la mente e il suo supporto (ojas) il vino genera ebbrezza».
Poche situazioni sono deleterie come lo sconvolgimento della mente. Dice infatti Caraka: «In tutti gli esseri incarnati la felicità dopo la morte ed in questa vita, come pure lo stato supremo che si ha nella liberazione, si fondano interamente sulla stabilità della mente». E aggiunge: «Il vino crea una grande agitazione nella mente, così come un’improvvisa e forte folata di vento agita un albero sulla sponda del fiume».
Tuttavia, come dicevamo, il consumo di vino ed altre bevande inebrianti ha un senso quando è ben regolato.
Ecco le modalità suggerite:
– Scegliere buon vino. Oggi diremmo non adulterato.
– Farne un uso conviviale. Bere da soli, per affogare i dispiaceri, è pessimo e spinge all’abuso.
– Meglio bere in buona compagnia. Caraka consiglia di scegliere bene i compagni di bevute che devono essere «persone amabili, stimate dai giusti». «Bevendo con loro ci si sente deliziati».
– Bere con moderazione. L’Ayurveda descrive 3 stadi di ebbrezza. Bisogna evitare di entrare nel secondo e terzo stadio mentre il primo stadio «dà benessere». Il terzo stadio produce dipendenza (alcolismo) e si va «incontro nel tempo a malattie dolorose».
– Non bere a stomaco vuoto. L’alcol deve essere sempre accompagnato da «molteplici pietanze».
– Particolari cautele devono essere adottate da alcune categorie di persone. Il vino diventa presto nocivo se la persona ha fame e sete, se è debole, deperita, affaticata, in collera, se ha preso cibo secco, povero e in quantità limitata, se la digestione è difficile, se la mente è debole.
– Altri consigli, più complessi, dipendono dalla prevalenza dei dosha in ogni singola persona. In base ai dosha si sceglie anche la terapia dell’alcolismo.
Caraka poi prosegue suggerendo numerosi trattamenti e ricette. Il testo di questa lezione è stato tradotto di recente in italiano dal medico ayurvedico Ernesto Iannaccone ed è reperibile, insieme ad altri, nel libro “Il cuore dell’Ayurveda” (Edizioni Laksmi).