Come funziona l’omeopatia? La nuova ipotesi

Non risultavano perché non c'era la tecnologia per vederle. Ma il ricercatore indiano Bellare mostra la presenza di grandi quote di molecole attive nei rimedi dell'omeopatia. Non è acqua fresca, forse è nuova chimica. Bellare è ospite al congresso SIOMI questo venerdì.

Mentre 500 milioni di persone, in tutto il mondo, usano felicemente l’omeopatia, resta da capire come possa funzionare. Evidentemente non rientra nella farmacologia convenzionale. Ora c’è un’importante novità che arriva dal ricercatore indiano Jayesh Bellare (Indian Institute of Technology, Bombay). In India l’omeopatia, di origine europea, viene presa molto seriamente. In quei rimedi, che alcuni chiamano “acqua fresca”, in realtà ci sono enormi quantità di principio attivo. Solo che con le tecniche convenzionali non si vedevano…

Cambio di prospettiva sull’omeopatia

Jayesh Bellare, in prima assoluta in Italia, sarà ospite venerdì 15 marzo al VII convegno nazionale della SIOMI (Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata). Usa tecniche d’analisi estremamente evolute. «Sulla base di studi di diffrazione elettronica e di microscopia elettronica a trasmissione – spiega Simonetta Bernardini, presidente della SIOMI – Bellare ha dimostrato come le diluizioni omeopatiche di sostanze, comprese quelle cosiddette infinitesimali, contengano comunque un’elevata concentrazione di molecole di principio attivo dell’ordine dei nanogrammi per millilitro. Enormemente superiore a quanto aspettato. I risultati di Bellare sull’omeopatia sono stati confermati da numerosi altri laboratori, utilizzando sostanze diverse e diverse tecniche di indagine».

Alla ricerca di una spiegazione

In passato, sono state proposte varie ipotesi per spiegare l’efficacia dell’omeopatia. Tra cui la memoria dell’acqua o acqua coerente. Filoni di ricerca che continuano a essere indagati, nonostante lo sbarramento cui ci si trova di fronte (conseguono mancanze di fondi, ostacoli nella carriera dei ricercatori, ecc.). Così prosegue Bernardini della SIOMI: «Le varie spiegazioni che sono state proposte nel passato non sono mai state confermate da dati sperimentali incontrovertibili e, in generale, si sono dimostrate prive di plausibilità».

Forse è una questione chimica

«Negli ultimi anni, tuttavia, lo sviluppo della tecnologia ha permesso di ottenere dei dati che sono destinati a cambiare drasticamente la visione di questo metodo terapeutico, suggerendo che l’omeopatia non sia altro che una questione di chimica e che, pertanto, rientri a pieno titolo nella scienza convenzionale». Il seminario si tiene venerdì pomeriggio con Andrea Dei, del Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze, Edward Calabrese (University of Massachusetts, Amherst) e Luca Poma (Università LUMSA-Roma). «L’omeopatia – rileva Bernardini – si riscatta ed esce definitivamente dall’angolo in cui era relegata da decenni a causa della sua scarsa plausibilità scientifica». Il convegno SIOMI, che si tiene a Firenze in questo fine settimana, prosegue sabato e domenica con ulteriori importanti relazioni e confronti tra gli specialisti.

BIBLIOGRAFIA

www.siomi.it

https://www.siomi.it/agenda/viii-convegno-triennale-siomi/