Proteggere il cuore: conferme e novità sugli omega 3 e 6

Un nuovo studio italiano segnala che il consumo di alimenti ricchi di grassi omega-3 e 6 abbatte il rischio di infarto miocardico. E ci sono novità.
Lo studio è stato effettuato dalla Nutrition Foundation of Italy in cinque unità coronariche italiane. Hanno misurato i livelli di omega 3 e 6 presenti nel sangue degli infartuati confrontandoli con soggetti con le stesse caratteristiche ma non infartuati. Ecco che cosa emerge (poi ricordiamo gli alimenti ricchi di questi grassi protettivi).
1 – Livelli ematici più elevati di omega-6 e di omega-3 si associano a una drastica riduzione della probabilità di subire un infarto (- 85% per gli omega-6 e – 65% per gli omega-3) rispetto a concentrazioni degli stessi acidi grassi, nel sangue, più basse. Notare: entrambe le classi di polinsaturi hanno un ruolo protettivo*.
2 – Erano già noti i benefici di questi omega nell’impedire che una persona sana sviluppi una malattia cardiovascolare. Ma questo studio suggerisce che siano efficaci anche nelle persone che abbiano già sviluppato una malattia cardiaca. Cioè, è probabile che nelle persone già infartuate i due omega riducano il rischio di un nuovo evento.
Lo studio conferma anche che il consumo di omega-3 e 6 sia ancora troppo basso in Italia, un’occasione perduta per la prevenzione. Poiché il nostro corpo non è in grado di sintetizzarli, l’unica opzione è introdurli attraverso la dieta.
Vediamo gli alimenti più ricchi di omega-3 e 6
Omega-3: noci, verdure in foglia, pesci (pesce azzurro, salmone, merluzzo, trota). Ma anche semi di Chia, di lino (e relativo olio) e alcune alghe.
Omega-6: oli di semi (mais, girasole, soia, vinacciolo) e frutta secca (mandorle, pistacchi, nocciole, arachidi). Ma anche bacche di Acai, avocado, semi di zucca, spirulina.
*E il famoso rapporto omega-6/omega-3?
Per gli specialisti questo studio è importante anche per un altro motivo. Alcuni ricercatori sostengono che quello che conta è il rapporto omega-6 / omega-3 nel sangue, che ai fini preventivi dovrebbe essere il più basso possibile. Il nuovo studio dice invece che dobbiamo aumentare sia l’apporto alimentare di omega-6, sia quello di omega-3, senza badare al rapporto.
Spiega al proposito Andrea Poli, direttore scientifico di NFI e tra gli autori dell’indagine:
«In accordo con la posizione di alcuni enti internazionali, come la FAO e il WHO (OMS), che hanno pubblicato recentemente un volume sull’argomento, riteniamo che sia errato e potenzialmente controproducente descrivere l’apporto di questi due acidi grassi come un rapporto (il cosiddetto rapporto omega-6 / omega-3), da mantenere il più basso possibile. In realtà queste due famiglie di acidi grassi svolgono ruoli diversi e complementari, e ambedue sono consumati mediamente in quantità insufficienti nella dieta italiana moderna. Le evidenze disponibili suggeriscono che dobbiamo aumentare sia l’apporto alimentare di omega-6, sia quello di omega-3».
Lo studio AGE-IM è stato promosso dalla Nutrition Foundation of Italy e pubblicato sulla rivista scientifica Atherosclerosis in questi giorni.
F. Marangoni, G. Novo, G. Perna, P. Perrone Filardi, S. Pirelli, M. Ceroti, A. Querci, A. Poli. Omega-6 and omega-3 polyunsaturated fatty acid levels are reduced in whole blood of Italian patients with a recent myocardial infarction: the AGE-IM study. Atherosclerosis 232: 334-338; 2014