Omeopatia in ospedale: apre e chiude il primo ambulatorio per donne in gravidanza

Quanto accaduto all’ospedale di Ponte a Niccheri fa presagire tempi bui per l’Omeopatia, in particolare quando tenta di uscire dai propri ambiti.

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Quattro giorni: dal 15 al 19 gennaio. Per quanto possa sembrare incredibile, l’avventura del primo ambulatorio italiano di ginecologia e ostetricia dedicato all’Omeopatia, presso l’ospedale di Ponte a Niccheri, non è durata neanche cento ore. Una vicenda a tratti grottesca che evidenzia, se mai ce ne fosse ancora bisogno, come l’atteggiamento di diffidenza nei confronti della medicina di Hahnemann non accenna a diminuire, anzi. Eppure, la Regione Toscana è sempre stata considerata, in questo campo, all’avanguardia.

L’omeopatia funziona…

Tutto nasce da un episodio realmente accaduto. La dottoressa Caterina Biffoli, anestesista dell’ospedale in questione nonché appassionata di Omeopatia, aveva recentemente risolto il caso di una paziente in dolce attesa che non riusciva a trattenere il cibo ingerito e che perciò veniva nutrita necessariamente con una sonda. Grazie alla somministrazione di rimedi omeopatici, la donna aveva smesso di vomitare nel giro di un giorno e ripreso a mangiare in modo naturale. La vicenda ha colpito i colleghi della dottoressa Biffoli, al punto che è nata l’idea di ambulatorio dedicato alle gestanti nel quale si utilizzasse l’omeopatia. I due primari del reparto e la direzione sanitaria non hanno avuto niente da obiettare.

… ma che non si sappia troppo

L’apertura dello spazio dedicato all’Omeopatia non è però passata inosservata. Le molte polemiche che si sono scatenate online, rafforzate da un’interrogazione regionale, hanno infatti convinto l’Asl Toscana Centro a chiudere l’ambulatorio. La motivazione ufficiale è che sia già operativo a Camerata il Fior di Prugna, un centro che dispensa cure impostate sulla medicina complementare. Ritenendo l’offerta sufficiente e adeguata alle tante richieste, la dottoressa Biffoli è stata invitata a concordare con il Fior di Prugna uno spazio nel quale svolgere la sua attività in campo omeopatico.

Un segnale forte e chiaro

Al di là delle considerazioni che ognuno può fare in base alle sue “credenze”, la vicenda lascia un po’ di amaro in bocca. Sembra davvero strano che tre ore due volte al mese potessero rappresentare un pericolo per la medicina ufficiale. Più probabile invece che il clima di delegittimazione che si respira nei confronti della medicina omeopatica abbia forzato la mano dei decisori, che con la loro scelta hanno lanciato un segnale forte e inequivocabile: praticate l’Omeopatia nei vostri ambulatori privati, ma state fuori da quelli pubblici.