Ricerca sul cancro e frode scientifica: in Italia non è reato

Un nuovo ciclone travolge la ricerca scientifica. La notizia è di pochi mesi fa: la Procura di Milano indaga numerosi professori e luminari della ricerca per frode scientifica. Nello specifico, l’accusa è di aver manipolato i dati dei loro studi, pubblicati poi sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, per ottenere successo e intascare fondi pubblici, donazioni e raccolta del 5 per mille. Tra i professori indagati, Pier Paolo Di Fiore dell’Ifom, Alberto Mantovani dell’Humanitas, Pier Giuseppe Pelicci dello Ieo, Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamburini e Silvana Pilotti dell’Istituto nazionale dei tumori.

Dopo tre anni di inchiesta, i Pm concludono che i fatti sono stati accertati e le immagini sono state effettivamente manipolate. E qui subentra un nuovo scandalo, questa volta nel mondo giudiziario. Perché se sul piano etico è tutto molto chiaro e semplice, non è altrettanto per la legge italiana. La nostra legislazione, infatti, non prevede una sanzione per frode scientifica, che non è inquadrata come reato.

Così i Pm milanesi non hanno potuto far altro che chiedere al giudice dell’indagine preliminare l’archiviazione del caso. “Le accertate manipolazioni”, si legge nella richiesta di archiviazione, “sia pure preoccupanti dal punto di vista dell’impatto scientifico, rimangono per l’attuale legislazione prive di rilevanza penale“.

Sul prossimo numero di novembre de L’Altra Medicina, in edicola dal 19 ottobre, spiegheremo nel dettaglio la vicenda, con un lungo commento del dottor Luca Speciani.