Triathlon, stanchezza ed esami del sangue – L’esperto risponde

Pratico triathlon da molti anni con buoni risultati, ma ultimamente mi trovo a patire una frequente sensazione di stanchezza, senza specifico riferimento all’intensità o alla frequenza degli allenamenti svolti. Mi chiedo e le chiedo: quali sono gli esami del sangue che posso fare per capire se tutto è a posto oppure se ho qualche parametro sballato? E in particolare: se sto tirando troppo la corda, da quali esami posso accorgermene? Grazie.

Antonio – Pesaro


Risponde il dottor Luca Speciani

Preparare e poi disputare un triathlon olimpico, un 70.3 o un ironman, sottopone il fisico a un impegno non indifferente e a uno stress notevole. Se la preparazione è stata adeguata, possiamo recuperare bene e velocemente; in caso contrario è possibile che insorgano problemi. A questo proposito, alcuni esami ematochimici di uso corrente e di facile esecuzione possono fornire indicazioni utili. Questi accertamenti assumono importanza prima e dopo la prestazione al fine di monitorare lo stato di salute dell’atleta e valutarne il recupero post-gara o dopo allenamenti impegnativi.

Danno alle cellule muscolari

Uno degli eventi più comuni durante una prova molto prolungata è l’insorgenza di rabdomiolisi (danno alle cellule muscolari) che porta al rilascio nel sangue del contenuto enzimatico delle cellule muscolari stesse. Alcune delle sostanze rilasciate vengono dosate fornendo indicazioni specifiche sul grado delle lesioni muscolari. Si verifica inoltre uno stato infiammatorio di entità variabile, dovuto sia al danno muscolare che al rilascio di citochine (molecole in grado di controllare alcune risposte infiammatorie dell’organismo) indotto dall’attività fisica molto intensa.

Tra i marcatori di danno muscolare la CPK (creatinafosfochinasi) è uno dei valori più conosciuti e utilizzati. La CPK è un enzima coinvolto nei processi energetici muscolari e il suo aumento nel siero dopo allenamenti o gare è un buon indicatore di rabdomiolisi. Sono stati evidenziati aumenti di CPK fino a 50 volte rispetto ai valori basali dopo un ironman, a 20 volte dopo un 70.3 e a 10 volte dopo un triathlon olimpico.

Anche l’enzima lattico deidrogenasi (LDH) è indicativo di danno muscolare, così come AST (aspartato aminotransferasi) e ALT (alanina aminotransferasi), dette anche transaminasi, ma sono meno specifiche in quanto sono importanti segnali anche di danno epatico, magari indipendente dallo sforzo fisico. Dopo un 70.3 o dopo un ironman i valori delle transaminasi possono aumentare fino a 10-15 volte rispetto ai valori di base.

Marcatore di infiammazione

Un parametro importante come marcatore di infiammazione è la PCR (Proteina C Reattiva) che aumenta nel siero nel corso di processi infiammatori acuti e cronici. Tale valore può triplicare rispetto ai valori normali dopo un 70.3 e aumentare fino a 15-20 volte dopo un ironman. È interessante notare che l’aumento della PCR è significativamente maggiore nei soggetti meno allenati e quindi i suoi valori potrebbero fornire indicazioni sullo stato di allenamento.

Anche l’emocromo può subire alterazioni dopo un triathlon prolungato. Sono possibili fenomeni di emodiluizione (aumento della parte liquida del sangue) o emoconcentrazione (calo della parte liquida con aumento della densità ematica). Dopo un ironman, può verificarsi subito emoconcentrazione per notevole perdita di liquidi e dopo alcune ore emodiluizione per aumento dell’aldosterone (ormone che aumenta la ritenzione di liquidi). Si può anche avere un aumento transitorio del numero dei globuli bianchi. Queste alterazioni tendono a normalizzarsi in breve tempo.

Ormoni alterati: il cortisolo

Alcuni ormoni risultano alterati dopo un ironman. Tra questi il cortisolo (ormone dello stress, prodotto dal surrene), che aumenta fisiologicamente durante l’attività fisica intensa. Tuttavia la persistenza nel tempo di valori alterati è da molti ritenuto marcatore di stress organico e di sovra- allenamento. L’interpretazione dei valori di questo ormone non è semplice perché sottoposto a variazioni circadiane (più elevato al mattino, più basso di notte) e stagionali. Più utile può essere il dosaggio del cortisolo urinario nelle 24 ore che meglio esprime la frazione attiva nel sangue di questo ormone. L’aldosterone che promuove il riassorbimento di sodio e cloro e favorisce la ritenzione dei liquidi corporei, aumenta anche di 7 volte dopo un olimpico o un 70.3. Ciò spiega il frequente aumento di peso dopo una gara prolungata: il cortisolo, quando è in eccesso, può addirittura sostituirsi all’aldosterone generando ritenzione di sodio, e quindi di acqua extracellulare.

In tutti questi casi è importante monitorare a qualche settimana di distanza dalla prova che i valori temporaneamente fuori norma siano rientrati. Se non lo fossero potrebbe esserci una patologia coesistente, che richiede maggiore approfondimento, oppure tempi di recupero troppo brevi che non consentono l’instaurarsi di un adeguato meccanismo di supercompensazione, che sta alla base di ogni progresso sportivo.

Se la stanchezza non fosse dovuta al carico agonistico, è possibile anche monitorare lo stato della tiroide, i valori di ferritina e sideremia, il valore assoluto del cortisolo urinario, lo stato alimentare generale e l’eventuale presenza di infiammazione da cibo.