Un anno di pandemia: l’esperienza di un Medico di Medicina Generale

L’esito di una malattia infettiva è sempre il risultato dell’interazione di due aspetti: da una parte l’agente patogeno (virus, batterio, fungo…) e la sua capacità di infettare e svilupparsi, dall’altra l’organismo che lo riceve, con tutto il fronte delle difese immunitarie e le sue capacità di riparazione, compensazione e guarigione. Anche per la sindrome da Coronavirus vale lo stesso discorso e le statistiche ci mostrano come siano stati i pazienti in condizioni più fragili ad avere pagato il prezzo più alto! Per questo motivo, fin dall’inizio, ho usato a piene mani tutto quello che potesse aumentare e sostenere le capacità di risposta dell’organismo durante l’infezione.

Oggi è ormai dato acquisito che la gestione corretta della prima fase della malattia sia fondamentale per evitare il peggioramento e il passaggio alle fasi successive, in cui la gravità e la complessità del quadro clinico si complicano con l’interessamento di molti organi ed apparati. Come medico del territorio, so bene che questo compito è in mano nostra e noi soltanto possiamo e dobbiamo farcene carico. Credo che uno degli errori più grandi nella gestione della pandemia sia stato proprio questo: concentrare tutte le risorse sugli ospedali, ritenendoli gli unici in grado di accogliere e soddisfare le necessità di cura di tutti i pazienti contagiati.

Nell’organizzazione del territorio, in supporto ai Medici di Medicina Generale, sono state ad un certo punto istituite le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), costituite da medici e infermieri, attrezzate con strumentari tecnici (ecografo, elettrocardiografo, pulsossimetro professionale) e con la possibilità di effettuare esami ematici, dotate di una propria sede e in grado di andare al domicilio dei pazienti. Ritengo che questo strumento sia stato e tuttora sia indispensabile per la valutazione ed il monitoraggio più preciso e accurato dei pazienti; ho collaborato ininterrottamente con i colleghi delle USCA (quasi tutti giovanissimi) che sono stati una risorsa preziosissima per le decisioni in merito ai farmaci da scegliere di usare, le tempistiche in cui somministrarli e la scelta fra domicilio e ricovero. A mio giudizio, però, un grande limite sta nel numero esiguo (previsto dal piano governativo, centrale e regionale) che, nei mesi più critici, non ha consentito di supportare adeguatamente il lavoro dei medici di medicina generale sul territorio.

Un problema ancora più serio è stato la non valorizzazione del ruolo delle cure domiciliari, che sono fondamentali fin dalle prime fasi della malattia.

In tanti hanno parlato e scritto su questo argomento, portando innumerevoli testimonianze di come i dati mostrino che, ove applicate correttamente e precocemente, le cure domiciliari siano state in grado di guarire migliaia di pazienti. In tutto il territorio nazionale sono sorte spontaneamente organizzazioni di medici che prestano gratuitamente il loro servizio per l’assistenza e la cura ai pazienti ammalati di CoVid che ne facciano richiesta; mi unisco alla loro voce e ribadisco con forza che è indispensabile concentrarsi su questo aspetto, attivando immediatamente un vero dibattito scientifico, aperto a tutti coloro che siano in grado di portare contributi significativi, e diffondendo capillarmente quanto acquisito a tutti i colleghi che lavorano sul territorio.

Al momento in cui scrivo siamo all’inizio dell’estate e rileviamo bassi numeri di tamponi positivi e ancora più irrisori casi di CoViD-19, in sovrapposizione allo scorso anno, ma questo è un dato che la narrazione prevalente, tutta concentrata sulla campagna vaccinale, non evidenzia assolutamente, per quanto sia facilmente verificabile da chiunque voglia confrontare i numeri statistici forniti dalle fonti ufficiali. A nessuno, oggi, è dato di conoscere con certezza quello che l’autunno ci riserverà, ma come Medico di Medicina Generale mi auguro che vengano finalmente prese decisioni importanti per tutti noi che mettano al centro la medicina del territorio, potenziando con forza tutte le sue risorse e riservandole il giusto ruolo strategico per la gestione di questa malattia.

Trovi l’articolo completo della dott.ssa Michela Bariselli (medico di medicina generale) sul numero 108 de L’altra medicina.