Scuola, palestra di vita

La pandemia che stiamo vivendo in questi mesi ci ha portato, nostro malgrado, ad assumere nuove prospettive verso il mondo e le relazioni che abbiamo sempre vissuto. Abbiamo perso la nostra quotidianità: anche la scuola, istituzione fondamentale della nostra società, non è più quella di un tempo e ci sono ancora molte incertezze su cosa succederà a settembre.

Insegnanti, alunni, genitori, personale ausiliario e tutti coloro che operano nel contesto educativo e formativo del nostro sistema scolastico dovranno fare i conti con un aumento della complessità da gestire. Arriviamo da un anno scolastico in cui l’apprendimento dei curricula formativi è stato rallentato dai mesi di interruzione delle attività scolastiche in presenza. Per molti insegnanti e alunni ci sarà quindi bisogno di recuperare parte del programma dello scorso anno, oltre a portare avanti quello di quest’anno.

Il compito per gli insegnanti non sarà lieve e le legittime aspettative dei genitori dovranno confrontarsi con una situazione eccezionale, dopo lo sforzo fatto per accompagnare i figli alla conclusione dell’anno precedente. Paure, preoccupazioni, doveri, aspirazioni, sogni si intrecceranno nel dare forma al percorso d’apprendimento dei nostri figli.

Non solo didattica

La scuola è prima di tutto una palestra di vita: è il luogo dove si incontrano gli altri, il primo ambiente extra familiare che si vive in modo prolungato, in cui si fanno i conti con le regole culturali e sociali, in cui si vive con i coetanei, si sperimentano e regolano le relazioni, le emozioni e le cognizioni. La scuola è prima di tutto un luogo primario di esperienza. Stare insieme ai compagni, giocare e studiare con loro, guardarli e imitarli, mostrarsi a loro, confrontarsi tra bambini e bambine, tra ragazzi e ragazze, avvicinarsi, correre via, toccarsi, sfidarsi, competere, collaborare sono le attività che aiutano a formare la persona. Così si impara, si conosce, si vivono e costruiscono emozioni. 

Questo anno scolastico porterà con sé regole di convivenza nuove, paure e apprensioni che si ripercuoteranno sui modi di stare insieme e di vivere l’incontro con l’altro. Gli adulti sentiranno su di sé la responsabilità di tradurre nel concreto queste regole. Gli insegnanti e il personale ausiliario dovranno farlo nel procedere quotidiano, facendo i conti con le proprie emozioni, con le proprie paure e coi propri entusiasmi. I genitori a loro volta faranno i conti coi timori, con le aspirazioni e con i sogni di chi vede i figli crescere. L’esito che ne scaturirà sarà l’esperienza emozionale che i nostri figli vivranno e che contribuirà a costruire loro nel domani, come del resto sempre avviene.

Un passo per volta

Oggi c’è un elemento di complessità in più rispetto a ieri, come già è accaduto in altri periodi storici. A fronte di una complessità crescente è opportuno procedere passo dopo passo. Gli adulti devono prendersi cura prima di tutto di se stessi, imparare a fare i conti con le proprie fragilità, le proprie ansie e le proprie paure. Se non si è in grado di gestire e superare le proprie paure, il rischio è che si riversino sugli altri, col risultato di amplificarle.

È poi necessario tenere presente che l’esperienza vissuta quotidianamente a scuola forma le persone e modella le relazioni interpersonali, quindi servirà trovare il corretto equilibrio tra misure di protezione della salute e possibilità di vivere le esperienze sociali. Come tutti gli equilibri, non sarà dato una volta per tutte ma sarà un processo dinamico, che andrà riaggiustato passo dopo passo, situazione per situazione in base a ciò che si manifesterà. Per evitare che questa complessità si possa trasformare in caos, per tutti può tornare utile una saggezza passata che recita “siccome ho molta fretta, vado molto piano”.

Tratto da un articolo dello psicologo e psicoterapeuta Carlo Eugenio Brambilla sul numero 98 de L’Altra Medicina (agosto/settembre 2020), acquistabile online e in edicola.